SCHEDE DI ACLISTI BRESCIANI ILLUSTRI

mons. GIACINTO AGAZZI

(Bagnolo Mella 21.5.1914 – Brescia 3.7.1966)

 Assistente provinciale delle ACLI dal 1946 al 1966

Cresciuto in una famiglia di piccoli coltivatori, entrò presto in seminario. Ordinato sacerdote nel 1937 fu per due anni curato a Capriolo dove svolse intenso apostolato e raccolse vasti consensi. Nel 1939, onde impegnarlo in più vasto raggio d'azione, venne chiamato ad insegnare matematica nel seminario minore diocesano che divenne la base per un suo sempre più crescente impegno diocesano. Infatti  divenuto vice assistente degli Uomini di A.C. accanto a mons. Giuseppe Almici, si fece promotore dei "Raggi" di A.C. nelle fabbriche e di scuole sociali in tutta la provincia che negli anni impegnativi del crollo del fascismo prepararono un tessuto organizzativo e formativo la cui efficienza e  validità si dimostrò negli anni della ripresa democratica del paese. Tali orientamenti e preoccupazioni andarono sedimentandosi in profondità durante il periodo resistenziale al quale egli, a Capodiponte dove era vice rettore, e a Brescia, diede il più entusiastico e al contempo il più meditato consenso e appoggio. Era più che naturale che con una preparazione ed esperienza di tal genere, negli anni che seguirono immediatamente la guerra, venisse chiamato ai posti più avanzati della responsabilità. Nel 1946 infatti veniva nominato assistente ecclesiastico delle ACLI, alle quali diede tale impulso rinnovatore da farne uno dei più imponenti ed efficienti movimenti sociali della provincia. Non gli sfuggi nessuna delle necessità del momento: da quella sindacale ed organizzativa attraverso il potenziamento della corrente cristiana in seno alla Camera del Lavoro, a quella assistenziale attraverso il patronato, le colonie, i circoli. In questa attività capillare, minuziosa, ricca di rapporti umani suggestivi ma anche difficili, egli spese tutto se stesso, in una immolazione quotidiana, fatta di incontri, di continue puntate in provincia, di conferenze, che certamente contribuì a consumarne la forte fibra contadina. Il suo nome corse su tutte le labbra dei contadini della Bassa, degli operai degli stabilimenti, venerato, amato da molti, rispettato da tutti, anche dagli avversari. Non fu problema (da quello del risanamento delle cascine a quello della istruzione professionale), non vi fu sciopero, azione sindacale, non vi fu prospettiva di progresso economico e sociale che non lo vedesse pronto a orientare, a moderare, a pungolare con audacia e, allo stesso tempo, con equilibrio umano e sacerdotale.  Assieme a questo ruolo egli assume quello più umile dell'organizzazione minuta, amministrativa, contribuendo con i dirigenti del movimento aclista a creare una rete di servizi che oggi conta (1966) 230 circoli, 4 colonie. 3 case per ferie, 80.000 pratiche assistenziali all'anno, senza contare i corsi di formazione sociale ecc. Una presenza così vivace, attenta, continua, non poteva non ridondare sul piano dio­cesano. Per la sua capacità a veder chiaro nei problemi anche i più difficili ed intricati, per il suo disinteresse, per il suo fervore pastorale che non disgiungeva mai da qualsiasi azione o atteggiamento, fu chiamato nel Consiglio di Amministrazione della Curia Vescovile, cui diede un contributo di primaria importanza: fu eletto presidente della mutua del clero, che fu da lui costruita attraverso un lavoro paziente, meticoloso, appassionato: fu consigliere di Vescovi, di Parroci; fu il trait-d'unìon fra il clero e la gerarchia; presidente del Consiglio di Amministrazione del settimanale diocesano “La Voce del Popolo”; fu presente in quasi tutte le iniziative di rilievo diocesano.