SCHEDE DI ACLISTI BRESCIANI ILLUSTRI
RITA GABELLI (Brescia 11.11.1926
- Brescia 17.7.1979 ) Fu membro della presidenza provinciale delle ACLI dal 1959-69 e 1972-78 Fu
vicepresidente provinciale delle ACLI bresciane dal 1966 al 1969 Fu consigliere
nazionale delle ACLI dal 1966 al 1972 Da “Battaglie Sociali” Settembre 1979 “Il mondo moderno - ha scritto Paolo VI ha bisogno di testimoni più che di maestri”. Mi pare di cogliere in questa espressione lo spirito che ha animato ininterrottamente Rita Gabelli e la sentita e profonda apertura a capire, condividere e contribuire a risolvere, almeno in alcuni aspetti, gli immensi problemi di questo nostro tempo. E come è stata questa sua testimonianza di vita? Mi pare di poter rispondere che fu una testimonianza cosciente e attenta di saldare in sintesi felice, nella sua persona e nella sua azione, la vita interiore (cercata e vissuta con sensibilità monacale) e quella esterna (cioè delle opere della fraternità). Essa seppe attuare in sé una meravigliosa saldatura tra il versante della grazia (i doni di Dio continuamente pregati, meditati e ricevuti nei sacramenti) e il versante della sua corrispondenza umana al servizio della società, per amore di Dio, con assiduità e competenza, con disinteresse e generosità. Nella vita di Rita Gabelli sono germinati e cresciuti atteggiamenti e comportamenti ecclesiali e sociali che troveranno poi conferma nello Spirito del Concilio Vaticano II e soprattutto nel convegno della CEI di "Evangelizzazione e promozione umana". Insomma fu una donna sempre presente là dove si trattava di difendere i diritti-doveri della persona umana e di promuovere la emancipazione e la liberazione (intesa secondo la prospettiva cristiana) della donna, fece sue con gioia le scelte pastorali della CEI di questi ultimi anni, condivise e potenziò la sete di giustizia, di libertà, di uguaglianza e di amore di cui parla Papa Giovanni; condivise nell'intimo il rispetto per ogni uomo (senza alcuna discriminazione e con una accoglienza e disponibilità umana e cristiana verso tutti), di cui parla Paolo VI nella "Ecclesia suam", facendo proprio quel programma di dialogo, di amicizia, di servizio con ogni uomo di buona volontà, non guardando alle fedi e alle militanze diverse ma scoprendo in ognuno il fratello da aiutare. Il campo del suo lavoro è di una ampiezza sbalorditiva: l'ambiente di fabbrica, le organizzazioni sindacali, I'Azione Cattolica, l'impegno per la promozione della donna e soprattutto le ACLI e il settore femminile di esse a livello di massime responsabilità provinciali, regionali e nazionali. Rita Gabelli deve molto al movimento delle ACLI così come esso ha ricevuto molto da lei nella militanza coerente e preparata, nell'impegno faticoso e umile di contatto con tante realtà e gruppi locali, nel distacco da ogni forma di interesse di ambizione (facile tentazione presente un poco ovunque), nell'azione formativa ed educatrice nei numerosi corsi e negli infiniti incontri di circolo. La sua spiccata sensibilità e una certa preveggenza circa l'avvenire delle ACLI l'hanno fatta anche soffrire di alcune incomprensioni entro la stessa comunità ecclesiale. In momenti difficili è anche difficile discernere con sicurezza e operare scelte al cento per cento sicure. Rita Gabelli, lo posso testimoniare, visse anche queste incomprensioni con dignità e coraggio... forse in futuro se ne coglierà oltre la dirittura morale anche la giustizia di certe impostazioni pastorali e sociopolitiche. Stupisce a volte in queste persone di intravedere l'opera diretta dello Spirito Santo (il miglior direttore d'anime) che vivifica, assiste e, a volte, scuote i cristiani e la comunità tutta in un cammino nuovo e imprevedibile, fecondo connubio tra istituzione e profezia, strutture ecclesiali (pure necessarie) e l'ancora più necessario spirito che le deve animare e continuamente rifare "nuove". Purtroppo giustamente monsignor Cesare Pagani (in un discorso tenuto ai lavoratori dell'Azione Cattolica) nota con rammarico che non raramente questi cristiani sono lasciati soli, o non capiti, o addirittura emarginati dal contesto ecclesiale. Non è certo questo il caso di Rita: benvoluta e stimata ovunque; però in questo senso un po' di croce dovette portarla anche lei. Un'ultima considerazione che vuol ,essere invito di riflessione per ognuno di noi, in occasione della morte di Rita. Capita anche da noi, non raramente, che non ci si serva della cronaca per dimostrare la vitale e perenne presenza della Chiesa e di testimoni cristiani nel mondo, ma che si indaghi solo nella storia. Mi spiego: il passato è stato certamente ricco di fulgidi esempi e modelli e non sono poche le iniziative di sensibilità umana e sociale (soprattutto per il periodo dell’avvento della società industriale); ma non è meno ricco il presente: basta saperlo conoscere, riconoscere, far conoscere e incoraggiarlo. I nostri giornali di oggi potrebbero essere stracolmi di splendidi esempi di lavoratori cristiani... e gli esempi concreti di bene, fanno un bene immenso a chi li legge e sono la miglior via per un autentico apostolato di testimonianza. Forse se studiassimo e parlassimo di più di quanto di bene si opera dai lavoratori di oggi svanirebbe anche un certo infondato pessimismo che talora pervade alcune frange della nostra comunità diocesana e nascerebbe maggior collaborazione e comprensione, anche là dove vedute parziali possono divergere.
don Serafino Corti
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