SCHEDE DI ACLISTI BRESCIANI ILLUSTRI

MARIO PICCHIERI

(Brescia 19.2.1929 - Brescia 20.5.1980)  

 

Fu membro di presidenza delle ACLI bresciane dal 1953 al 1966

Fu segretario organizzativo delle ACLI bresciane dal 1959 al  1966  

 

Mario Picchieri nacque a Brescia nel 1929  Crebbe all’ombra dell’oratorio di S. Giovanni e ragazzo fece la sua prima esperienza nel movimento scoutistico.

Giovanissimo si impegnò nelle organizzazioni religiose e politiche più importanti: la GIAC (Gioventù Italiana di Azione Cattolica),la DC, le ACLI.

Nell’Azione Cattolica fu uno dei primi collaboratori di “Realtà Giovanile”, quindicinale della GIAC (il primo direttore fu Mario Cattaneo).

Dal 1959 al 1964 fu Consigliere comunale di Brescia per la DC; il suo impegno all’interno del partito lo portò a dar vita, con altri amici di partito, al ciclostilato “Provincia Democratica”.

Nel 1953 diventò membro di Presidenza e vi rimase fino al 1966. Dal 1959 fino 1966 fu anche segretario organizzativo delle ACLI di Brescia, incarico che dovette lasciare per gravi motivi di salute.

Lasciato l’impegno diretto nelle ACLI, subito dopo una breve convalescenza, riversò il suo impegno come animatore nella parrocchia e nel quartiere di Mompiano dove abitava: tra le altre cose, diede vita alla radio parrocchiale, seguì un gruppo di ragazzi nella preparazione alla Cresima, realizzò un documentario fotografico, con guida sonorizzata, su Mompiano e i suoi aspetti caratteristici.

Il suo stile di vita fu sempre aperto a nuove scoperte, con l’entusiasmo dell’eterno fanciullo.

Proprio da ciò derivava, certa­mente, I'affetto dei figlioli che lo sentivano fratello prima ancora di padre, ma anche il fascino che esercitava su quelli più giovani di lui. La forza del carattere, la volontà che da operaio l'aveva portato a responsabilità sempre maggiori nelle ACLI con autentico spirito di servizio, la cultura che si era  fatto "scavando" si può dire con le proprie mani, l'entusiasmo per tutte le cose belle, si trattasse di impegnarsi per la giustizia sociale, di organizzare un corso di formazione, di preparare una gita in montagna, di interessarsi di geologia, di botanica: sono le qualità che fanno di un uomo un "maestro di vita" capace di suscitare esempi.

Sembrava talvolta voler dar fondo a tutto lo scibile, tentare tutte le esperienze come uno che ha fretta: fretta di ricuperare il tempo perduto quando il mondo non gli si era ancora aperto con tutta l'infinita ricchezza delle sue proposte, fretta di conoscere, accumulare prima che fosse troppo tardi. E ciò, si noti, non solo negli ultimi anni quando la malattia poteva ispirargli, con il suo minaccioso incombere, l'urgenza di vivere, ma fin da giovane, fin da quando nella società democratica pienamente vissuta, attraverso la esperienza aclista aveva scoperto la molteplicità di occasioni di crescita e di autorealizzazione che essa contiene.

Un'altra considerazione sembra doverosa.

C'è chi democratico diventa, e a fatica, durandoci una vita. (E c'è anche chi non ci diventa mai).

Mario Picchieri era democratico d'istinto. Aveva fortissimo il senso dell'uguale dignità umana, della necessità di spazzare gli ostacoli che anche la migliore società costruisce a difesa dei privilegi e degli interessi.  C'era in lui, operaio e figlio di operai, la "memoria storica" - alla quale aggiungerà la consapevolezza culturale - di ciò che regimi paternalistici, oligarchici, dittatoriali avevano fatto per impedire l'ascesa della classe operaia; e c'era l'esperienza diretta delle discriminazioni sociali che la disparità dei punti di partenza determina tra uomo e uomo, a parità di talenti e di volontà.

Nell’attività aclista e negli altri campi in cui militò portò questa estrema esigenza morale - prima ancora che politica - di democrazia. Se ne ritrasse qualche volta con qualche illusione di meno: ma le delusioni, negli uomini intelligenti e coraggiosi, non producono frustrazione ma saggezza. Una saggezza che gli imponeva di ritentare, con altri mezzi, con più accurata preparazione, di raggiungere l'obbiettivo. Bastava andare in montagna una volta con lui per capire questa volontà di non lasciarsi domare dagli ostacoli: e non certo per jattanza o per esibizionismo, due cose di cui non conosceva nemmeno l'esistenza. Era forse l'esperienza scoutistica, ma era soprattutto una naturale tensione spirituale.

Se le sue idee suscitavano il consenso entusiastico dei più giovani, non sempre potevano essere condivise da chi per età, formazione carattere, era diverso da lui.

Sarebbe sciocca ipocrisia affermare che nelle ACLI tutti eravamo d'accordo su tutto. quel che importa dire - ed è una testimonianza da rendergli - è che il dissenso non rompeva mai la stima, la lealtà. L'amicizia. Perché era impossibile sospettare in Mario Picchieri un calcolo di “potere”, una manovra obliqua, un obiettivo inconfessabile.

Mario Picchieri continueremo a ricordarlo così, generoso e franco, continueremo a pensare che averlo conosciuto, averlo avuto con noi in tante vicende, è stata una fortuna delle Acli, ma è stato anche un regalo per ognuno di noi.