SCHEDE DI ACLISTI BRESCIANI ILLUSTRI

MARTA REALI

(Brescia 1.5.1911 - Brescia  1991 )

 

Fu in presidenza provinciale delle ACLI bresciane dal 1949 al 1953

Fu vicedelegata nazionale femminile dal 1952-54 e 1958-62

 

Registrata all'anagrafe «come REALI MARIA MARTA di Luigi e di Tallone Maria, nata a Brescia il l° maggio 1911, è stata battezzata in S. Alessandro il 20 maggio 1911 da Mons. Lorenzo Pavanelli col nome di Martina Maria, avendo come madrina Zi­zioli Martina di S. Alessandro.

Dall'atto di battesimo risulta che la sua famiglia abitava in via Re Galantuomo (oggi via Vittorio Emanuele II) al n. 29 nel territorio di S. Alessandro. Dopo qualche anno si è trasferita nella zona di S. Maria della Vittoria. Attraversò periodi di crisi economica. 

Quando dopo la guerra dal 1915/18, nel 1926, sorge come ex voto la prima parte della chiesa di S. Maria della Vittoria, troviamo subito Marta che fa catechismo (le aule di catechismo erano collocate ai vari ripiani del campanile); anima i gruppi di A. C. e, con le amiche, provvede alla pulizia della prima cappella.

Un giovane sacerdote, che risponde al nome di don Luigi Fossati, andava nella parrocchia nascente a tenere gli incontri formativi per la gioventù. Da una mia parrocchiana, che le fu amica fin dall'infanzia, ho saputo alcuni particolari interessanti:

-  la mamma era di origine francese (anche se dal nome non appare: Maria Tallone);

-  la famiglia era molto religiosa;

-  il papà era falegname in proprio;

    - Marta aveva altri otto tra fratelli e sorelle (una sola sopravvive in condizioni di salute molto precarie);

-  una sorella si fece suora.

Tra il 1930 e il 1960 Marta è presidente della A.C. femminile della sua parrocchia. Cura le Socie con affetto.

È  una autentica formatrice di coscienze. Le edu­ca alla preghiera; alla purezza, all'amore per la Chie­sa, alla frequenza ai Sacramenti. Insiste perché ab­biano un sacerdote, che le guidi nella vita spirituale. Avvia le migliori alla Scuola di propaganda (Scuola di formazione - diremmo noi - dei quadri dirigenti).

Ma la presidente dell'Associazione, prima di parlare agisce. È  un esempio vivente per le sue Socie.

Nel periodo della resistenza 1943/45» è con Camilla Cantoni e altre, nel gruppo delle «Massimille»: fanno da collegamento con nuclei di partigiani e con quelli che sono in carcere, laici e sacerdoti; tra i quali c'è don Giacomo Vender. È stato 1ui a lanciare le «Massimille». È  stata accanto a don Agazzi nelle ACLI. Donna instancabile accanto ad un prete instancabile, morto d'infarto. Insieme con lui ha fatto nascere l'Associazione Cattolica Lavoratori Italiani a Brescia e si è data da fare perché la pianta crescesse nei vari circoli parrocchiali.

Ricordo quanto insieme hanno fatto per 1e mon­dine, per preservarle dai pericoli morali, e per soste­nerle spiritualmente. Le mondine erano ragazze che andavano fuori provincia a guadagnare pochi soldi sudati, nella monda del riso: siamo negli anni 1948-1951.

Poi c'erano da organizzare e condurre i campeggi estivi per le operaie e le colonie per i figli della po­vera gente. Nel 1950 diventa segretaria delle ACLI. Contemporaneamente mantiene la sua attività in A.C., ora anche in Centro diocesano. È  con Camilla Can­toni come segretaria prima in G. F. (Gioventù fem­minile) e poi nel ramo donne di A.C.

Nel 1970 è segretaria della Giunta Diocesana della A.C.. Ma essere segretaria per Lei non significava solo star dietro ad una scrivania. C'erano gli orari per quello. I dirigenti potevano sempre contare su di Lei per le uscite nelle parrocchie della diocesi.

Nel mese di maggio per esempio con un sacerdote andava ad animare gli incontri Mariani per le donne, in uno dei tanti piccoli santuari diocesani. È  capitato anche a me una volta di andare con Lei a Idro.

Partita dall'esperienza dell’attività parrocchiale in S. Maria della Vittoria, ad un certo punto si trova fortemente coinvolta a livello di Centro diocesano per ritornare poi (raggiunta l'età della pensione) alla esperienza parrocchiale, stavolta a S. Alessandro dove porta tutta la carica della propria formazione e della vasta esperienza fatta in precedenza. Sono gli anni del dopo Concilio. Marta avvia l'ufficio parroc­chiale e lo gestisce per quattro mattine alla settimana.

L'ufficio diventa la centrale di tutta 1'attività della parrocchia.

Lavora alla nascita delle prime esperienze del «Consiglio pastorale parrocchiale». È accanto a Li­via Feroldi nel far decollare il gruppo parrocchiale degli anziani e nel gestirlo per una decina di anni.

È  vicino ai sacerdoti della parrocchia come colla­boratrice, sempre disponibile, ma anche come stimolatrice, come coscienza critica, sia pur sempre nel più grande rispetto. Lo fa perché sente di doverlo fare, convinta, com’è, di essere corresponsabile nella Chiesa.

Nel 69/70 ha preso la parola qualche volta anche nell’assemblea Eucaristica in omelie partecipate.  I suoi interventi erano vigorosi, appassionati.

E' stata quindi attiva accanto a noi anche nella fase del rinnovamento liturgico.

   Ebbe come maestri di formazione soprattutto mons. Almici, don Tedeschi, don Agazzi, oltre al già menzionato mons. Fossati. Ma attingeva per la sua formazione direttamente dai documenti del Concilio, dell’Episcopato, della CEI, dalle catechesi settimanali del Papa, dal quotidiano e dal settimanale cattolico.

Non riusciva a capire come a me potesse succedere di non aver tempo di seguire ogni giorno l'Avvenire. «Lo deve fare» mi diceva. Quanto le stava a cuore anche la stampa cattolica, a Lei che per anni era stata anche impiegata presso il settimanale cattolico «La Voce del popolo».

 

Le note caratteristiche di Marta, che io stesso ho avuto modo di verificare, sono:

1) un carattere forte, un profondo senso del dovere, l'ordine, la precisione, la puntualità, una grande rettitudine, un profondo spirito di servizio, combinato con uno spiccato spirito di sacrificio e di dedizione. È stata una donna che si è realizzata donandosi, sen­za fare calcoli. In questo modo ha potuto esprimere la sua femminilità e il suo istinto materno.

2) Marta ha avuto una grande fede alimentata quo­tidianamente con la preghiera, la Messa, la Comunio­ne, la meditazione, il rosario, la visita al Santissimo, 1a recita dell’ufficio delle ore, dopo il Concilio. Era fedele ai momenti forti dello spirito: ritiri ed esercizi spirituali.

3) ha avuto un grande amore alla Chiesa, dovuto in buona misura alla scuola della A.C., ma credo - soprattutto - al fatto di essersi prodigata per questa Chiesa, sia a livello di parrocchia sia a livello di diocesi.

4) Marta era una cristiana matura. Non era (come forse i più tra coloro che frequentano) una che andava in chiesa solo a «prendere»; Si sentiva parte viva della Chiesa corresponsabile nella Chiesa. Si era offerta generosamente come volontaria, la dove poteva servire la sua opera, per la vita della Chiesa. Era a disposizione del suo parroco nella vita umile della parrocchia. Era accanto agli assistenti diocesani della A.C..

È  stata una «propagandista» inestimabile (uscire in propaganda nelle varie parrocchie significava andare ad animare, a stimolare a sostenere le varie associa­rioni).

Da cristiana matura non poteva non sentire e non vivere anche l'impegno politico, per la costruzione di una società più giusta, più attenta all’uorno, incominciando dagli ultimi. Ma diventerebbe troppo lungo  parlarne.         

5)    Una dote che spiccava ancora in Lei era la modestia. A chi la ringraziava  per le sue prestazioni ri­spondeva: ho fatto solo il mio dovete. In sintesi potremmo affermare che Marta ha anticipato nella sua vita quel modello di cristiano adulto nella fede che, la recente Costituzione Sinodale «Fideles laici» ci ha presentato.

 

   Poi è giunto per lei il periodo dell'oscurità, della prova, della purificazione, dei graduali distacchi dall’attività e dalla vita stessa. Le forze venivano meno, la sordità andava aumentando, la vista andava pure riducendosi. Ad un certo punto si è decisa a stac­carsi dalla casa ed a ritirarsi in «Casa d'industria». Dopo tante perplessità la scelta era caduta su questa precisa casa di riposo soprattutto per due motivi:

per il medico di fiducia che vi prestava servizio e perché era vicina al centro città e questo le avrebbe consentito di mantenere collegamenti con il centro diocesano di A.C., con la parrocchia, con le amicizie.

Anche nella casa di riposo ha mantenuto il suo stile di vita:

-   preghiera (rosario intero e S. Messa);

-  ha raccolto attorno à sè un gruppetto con il qua­le recitava ogni giorno una terza parte del rosario;

-  si è prestata, finchè è stata in grado di farlo, per piccoli servizi alle ammalate non autosufficien­ti (provvedeva a spostarle in carrozzella, le imboccava);

- occupava il suo tempo confezionando copertine di lana da mandare in terra di missione;

-  si serviva di una persona di fiducia per inviare offerte alle Missioni e al Centro per la Vita;

-   Ha rinnovato fino all'ultimo la sua tessera di adesione alla A.C.;

-   si teneva informata sulla vita della parrocchia;

    -  accoglieva e seguiva con affetto tutti, ma so­prattutto chi sapeva bisognoso di sostegno spirituale.

Sono stati pochi anni quelli di «Casa Industria», ma duri, dolorosi.

La faceva soffrire soprattutto il non poter comu­nicare, il non aver nessuno con cui parlare di quello che era sempre stato il suo grande interesse: la vita della chiesa e gli avvenimenti che la riguardavano­. Altra sofferenza le derivò, ad un certo punto, dal non essere più in grado neppure di leggere il giornale, il messalino, i suoi libri di preghiera; Per andare a Messa doveva alzarsi presto perché c'era solo la Mes­sa delle suore alle ore sei. Don Battista Ferrari, che in questi ultimi cinque anni è stato il suo confessore, ci rivela un particolare molto illuminante: Marta ancor giovane, aveva promesso ad uno dei suoi grandi Maestri, mons. Almici, che avrebbe accettato di por­tare sulle sue spalle la pena dell'espiazione dei peccati del fratelli di fede. Gli anni di casa Industria (sempre più sorda, sempre meno vedente, sempre più costretta a ridurre i suoi passi - Lei che era sempre stata tanto dinamica) sono stati per Lei «il gran giorno dell'espiazione».     

Intanto si era andato accentuando in Lei un gran­de desiderio di Paradiso. Ma quanto ha dovuto soffrire per raggiungerlo! Ha dovuto passare anche attra­verso la notte oscura della depressione, Lei - co­stituzionalmente piuttosto ansiosa - ha vissuto per anni questa agonia dello spirito, che è una delle più dolorose.            -

Povera Marta! Mi diceva  «Io capisco quelli che si tolgono la vita, in questo stato. Se non avessi la fede l'avrei già fatto anch'io.

Era Dio che la stava purificando, anche in questo modo lacerante, che potrebbe sconcertare coloro che non sono attenti ai, fenomeni della psiche umana e  del cammino spirituale delle anime.

E poi negli ultimi due mesi il crollo generale. Completamente inferma, cosciente solo a sprazzi.

Il Signore l'ha chiamata sé all’alba di un sabato...

Spuntava per Lei il giorno senza tramonto.

 

            Don Stefano Olivetti