BREVE
PROFILO STORICO SULLE ACLI ITALIANE
Fede
cristiana, lavoro e democrazia i fondamenti di base.
Le Acli nascono da un'idea di Achille Grandi, fin dai tempi delle prime trattative clandestine fra le tre correnti cristiana, comunista e socialista per la firma del “patto di unità sindacale” (9 giugno 1944) e la costituzione del sindacato unitario, la Confederazione generale italiana del lavoro(CGIL) Con
il consenso di Pio XII le
ACLI nascono anche per iniziativa della Chiesa come patto associativo tra lavoratori,
tra gente semplice, tra cristiani che vogliono testimoniare la fede nel mondo
del lavoro e dare concretezza alla solidarietà. Le
ACLI vengono dunque dal popolo. Questa provenienza non deve mai essere
dimenticata ne sottovalutata perché è un tratto costitutivo della genesi e
della natura dell'associazione. La
nascita "ufficiale" delle ACLI avviene a Roma nel convento di Santa
Maria sopra Minerva il 26-28 agosto del 1944. Il fondatore è Achille Grandi,
nella cui idea l'associazione doveva curare la formazione religiosa, morale e
sociale dei lavoratori cristiani. Le ACLI ottengono una sorta di investitura
ufficiale l'11 marzo 1945 quando, al termine del loro primo convegno nazionale,
il Papa Pio XII le definisce "cellule dell'apostolato cristiano
moderno". Nello stesso anno nasce anche il Patronato. Le ACLI si collocano
all'interno del sindacato unitario e ne rappresentano la corrente cristiana fino
al 18 settembre 1948, quando con un congresso straordinario si dà via libera
alla costituzione della Libera CGIL, che nel 1950 diventerà la CISL odierna.
Gli anni dal 1948 al 1950 coincidono con una profonda crisi del movimento,
dissanguato dall'esodo di molti quadri e dirigenti nel nuovo sindacato. Sarà
l'allora sostituto alla segreteria di stato vaticana, Giovan Battista Montini
(il futuro Paolo VI), facendosi portavoce della volontà del Papa, a ribadire l'indiscutibile
opportunità della permanenza e della missione aclista. I primi dieci anni
dell'associazione sono festeggiati con una imponente manifestazione a Roma, il
primo maggio 1955. In quell'occasione il presidente nazionale Penazzato enuncia
le tre fedeltà delle ACLI: alla classe operaia, alla Nel
dicembre del 1961, con il Congresso di Bari, si afferma il" nuovo
corso" delle ACLI che si accrediteranno come "gruppo di influenza
ideologica e culturale e di coerente e autonoma pressione sociale", capace
di lavorare in proprio privilegiando l'azione sociale diretta. Nel 1968,
sull'onda delle contestazioni studentesche e delle ripercussioni del Concilio
Vaticano II, matura la consapevolezza di un ruolo autonomo delle ACLI a fianco
del movimento operaio e una nuova attenzione alle forze sociali della sinistra.
Queste elaborazioni porteranno alla fine del collateralismo con la Democrazia
Cristiana e al voto libero per gli aclisti (Congresso di Torino del 19-22 giugno
1969). Dopo il richiamo del Papa Paolo VI, si apre una crisi fra le ACLI e il
Vaticano. Nel novembre del 1972 diventerà presidente nazionale Marino Carboni,
che propone una immagine delle ACLI come luogo di confronto e di incontro tra
forze di diversa ispirazione, nel tentativo di ricucire i rapporti all'interno e
all'esterno del movimento. Negli anni ottanta l'impegno delle ACLI comincia ad
orientarsi prevalentemente in campo sociale, nel tentativo di riaffermare il
proprio ruolo educativo e la forza sociale in una realtà di grande mutamento
come quella del tempo. Bisogna attendere il 1991 perché il dialogo con la
Chiesa, che era stato riaperto in molte realtà locali e in numerosi
appuntamenti nazionali, trovi il suo coronamento con l'incontro del dicembre
1991 con il Papa Giovanni Paolo Il. Il
XX Congresso nazionale (Napoli, 28-31 marzo 1996) approva il testo del
"nuovo patto associativo" quale strumento finalizzato al
coinvolgimento dei quadri e dei dirigenti aclisti nel processo di rifondazione
dell'associazione. Rifondazione vista come l'inizio di un nuovo cammino in un
mondo diverso rispetto a quello in cui le ACLI muovevano i primi passi. Le
trasformazioni della società collocano l'associazione dentro nuove frontiere:
quelle tra Chiesa e mondo contemporaneo; tra società post-secolare neopagana e
nuova evangelizzazione; tra la smisurata potenza della tecnica e della scienza e
la capacità di orientarne gli scopi e controllarne l'uso; tra sviluppo e
salvaguardia del creato; informazione e democrazia, lavoro e impresa, solidarietà
e mercato, produzione della ricchezza e sua più equa distribuzione secondo le
regole di una democrazia in cui la politica governi l'economia. Le frontiere
infine tra intolleranza dei nuovi fondamentalismi e cultura dell'accoglienza;
tra ricorso alla forza, alla guerra e soluzione non violenta dei conflitti, tra
il ritorno dei nazionalismi e la creazione di nuove istituzioni democratiche a
livello mondiale. Dove c'è quindi la necessità di coniugare insieme -nel mondo
della vita, del lavoro, delle istituzioni - la libertà, la giustizia e il
Vangelo, là sono collocate le nuove frontiere delle ACLI. In
questa ottica il XXI Congresso nazionale si è celebrato per la prima volta
fuori dai confini italiani: a Bruxelles (Belgio) dal 30 marzo al 2 aprile 2000,
nell'anno del Giubileo. Congresso del Giubileo, dunque, come tempo e luogo
dell'inedito, delle nuove opportunità in quanto la missione della Chiesa è
sempre rivolta verso il futuro, sorretta da una fede e da una speranza più
potenti di ogni umana incertezza. La scelta di Bruxelles ha voluto dunque
rappresentare un gesto simbolico e concreto allo stesso tempo. Una grande
associazione popolare, fortemente radicata in Italia, ma anche insediata in otto
paesi europei e in altrettante nazioni extra europee, ha voluto dire ai suoi
soci che la scelta europea è una misura delle capacità di osare il futuro. Il
XXI Congresso è stato poi dedicato in particolare a tutti coloro che hanno
fatto e fanno le ACLI in Europa e fuori dall'Europa. Nel
secolo da poco concluso, prima dei capitali e delle merci, è il lavoro che si
è globalizzato. Più di 25 milioni di italiani sono partiti in cerca di lavoro
e fortuna. Oggi c'è un popolo di cittadini italiani che è già europeo. Che
vive una doppia appartenenza, che conosce più di una lingua, che ha
sperimentato più di una cultura. Le ACLI vogliono continuare ad essere accanto
a questi lavoratori, ma vogliono anche dare volto, voce e rappresentanza a
quest'Italia che è fuori dall'Italia. (per una descrizione dei momenti storici più dettagliata vedi "storia di un'autonomia" di Mariangela Maraviglia |