(Brescia
10 febbraio 1918 – Concesio 4 dicembre 2004)
Fu membro del comitato di Gioventù
Aclista dal 1968 al 1972
Membro della presidenza provinciale
dal 1971 al1972 come delegato di G.A.
Membro di presidenza dal 1972 al
1978
consigliere provinciale dal 1972 al
1987
consigliere nazionale dal 1975 al
1978
membro
della presidenza regionale dal 1978 al 1981
Il magistero politico di Vincenzo Benedini.
Ha
scritto un giornale: “Addio a Vincenzo assessore gentiluomo.” E’vero, ma non
basta. Non basta a Franca, alle figlie, agli amici. Sono pochi gli uomini che
fanno politica senza sequestrarla dal sociale. Perché il rapporto costante tra il sociale
e il politico è la caratteristica fondativa delle
Acli e la novità storica e perenne del cattolicesimo democratico e popolare.
Più pochi ancora gli uomini di azione (di azione, non del fare) che come
Vincenzo fanno in modo che il loro impegno sia di fatto, senza proclamarlo e
senza forse neppure proporselo, un magistero per quanti, soprattutto i
giovani, gli stanno intorno.
Lazzati ci ha insegnato che per il credente la
testimonianza non basta. Ci vuole competenza. È vero, e non si deve tornare
indietro. Ma è altrettanto vero che per il credente l'impegno nel sociale e
nel politico parte dalla testimonianza. Disse un grande pensatore tedesco del
secolo scorso: spetta al filosofo indicare la via, non percorrerla. Per il
cristiano è esattamente il contrario. Vincenzo lo sapeva, e lo lasciava
vedere.
È rara, forse
estinta, la razza degli uomini che sanno lavorare in squadra e per la
squadra. Che sanno mettere l'ideale prima della carriera e anche prima della
professione. O almeno, orientano la professione all'ideale. Vincenzo era
così. Fin dagli anni giovanili. Non un lascito della saggezza indotto
dall'età. Non remissivo, ma non narcisista. C’è quella canzone che parla di
una vita da mediano. Ma non funziona. Perché Vincenzo era un protagonista, ma
non cercava i primi posti. Non voleva mettersi in mostra.
Ricordate don Milani? Fai strada ai poveri senza farti strada. Adesso i
poveri danno fastidio. E per farsi strada si usano i piedi ma soprattutto i
gomiti. Gli americani la chiamano la corsa del topo in carriera. Lustrando la
carriera e dimenticandosi dei topi.
Vincenzo era
solido. Teneva la posizione. E prendeva le decisioni conseguenti. Timido, ma
capace di convivialità: quella convivialità che scioglie nell'amicizia il
compito che ti sei preposto. Di poche parole e di grande concretezza. Con la
capacità di decidere, che è il vero segno del politico e dall'amministratore,
sia che l'indole sia pratica oppure teorica. Faccio prima a dire in sintesi
che era un aclista a tutto tondo
Perché le Acli
- come diciamo - sono la prima casa, non perché vengono nella prima fase del
nostro impegno, ma perché non ti abbandonano mai, come stile e come
generosità. Vorrei aggiungere un aggettivo a questa generosità: una
generosità "montiniana". Non solo perché
questa terra ha visto nascere Paolo VI, ma perché
Vincenzo, con pudore e senza proclami, è stato interprete e maestro di quella
"civiltà dell'amore" - sembra storicamente uno sproposito - che
Papa Montini, problematico, non amletico, ha avuto il coraggio, starei per
dire il fegato di proporre.
Vincenzo
sapeva, e per questo oltre che testimone e punto di riferimento è stato
maestro, che il Vangelo non interviene a migliorare situazioni che già
funzionerebbero bene da sole. Non è una vernice. Ma si confronta con i
problemi difficili, qualche volta impossibili.
Vincenzo è
stato uomo capace di inizi e adatto alle fondazioni, di lunga durata e ampio
orizzonte. Giovanissimo al vertice di Gioventù Aclista bresciana. Uomo maturo
fu promotore instancabile dell'Ulivo. Come amministratore fu idealista e
concreto nel promuovere servizi sociali che ruotano intorno alla Residenza
Socio Assistita. Dieci anni come responsabile della Casa di Riposo di Concesio vanno letti così. E così va letta la promozione
e costruzione dell'Asilo Nido. L'impegno, scrupoloso, qualche volta fino alla
pignoleria, di consigliere comunale e di assessore.
È questo il
magistero.
Che vuol dire
credibilità e rapporto con le nuove generazioni, con i giovani? Quando il
rapporto è costruttivo? Quando chi è più maturo non trasmette ai giovani le
proprie frustrazioni, ma – ce lo insegna la
Bibbia - i propri sogni. Per questo Vincenzo è stato
credibile oltre che credente.
La nostra
conoscenza profonda, il nostro lavorare gomito a gomito data dagli anni
ottanta: più precisamente dalla mega presidenza regionale del 1981-1984. E
non si è mai interrotto, per convegni delle Acli e feste di partito,
presentazioni dei miei troppi libri, la sua frequentazione assidua del
Circolo Dossetti a Milano. E non si interromperà. Troveremo insieme i modi,
d'accordo anzitutto con Franca.
Perché? Perché
questa è la nostra fede: i morti ci precedono non solo sull'altra sponda, ma
anche nel nostro impegno che continua, grazie al loro magistero, in questi
giorni che il loro andar via rende più tristi.
Grazie e ciao
Vincenzo.
Giovanni Bianchi
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